Il nome di Eusebio è di origine greca, il cui significato originario fu « che onora bene », sottintendendo « gli dei ». In sostanza, fu un nome corrispondente al nostro Pio, tant'è vero che l'Imperatore Antonino, detto Pio nelle regioni occidentali dell'Impero, veniva chiamato Eusébes in quelle di lingua greca, ed Eusébeia venivano detti i giuochi in suo onore. Moltissimi Santi hanno ripetuto anticamente, il nome greco di Eusebio. Quello di oggi è il più celebre, come Vescovo di Vercelli nel IV secolo.
Un Vescovo che fu, per la diocesi piemontese, quello che Sant'Ambrogio fu per la metropoli lombarda, e che fece di Vercelli, assai prima di Milano, una delle più antiche e robuste roccaforti della fede cattolica, contro gli assalti dell'eresia ariana.
Il Vescovo di Vercelli era nato in Sardegna, e a Roma aveva preso il nome del proprio padre spirituale, cioè del Papa Sant'Eusebio, dal quale aveva ricevuto il Battesimo.
Inviato come Vescovo nella città piemontese, vi consacrò la cattedrale, riducendo a chiesa cristiana il tempio dedicato a Vesta, dea del fuoco. Curò i riti e stabilì la liturgia sacra. Come Milano ebbe, ed ha ancora, una sua particolare liturgia, detta « rito ambrosiano », perché dovuto a Sant'Ambrogio, così Vercelli ebbe, fino al '500, un « rito eusebiano », risalente al Vescovo oggi ricordato.
Dopo aver costruito chiese e fissato la liturgia, Sant'Eusebio formò i nuovi sacerdoti, nel più vivo zelo apostolico e caritativo. Per questo li raccolse presso di sé, nella casa vescovile, vivendo in comune e seguendo regole di pietà, di studio e di penitenza. La stessa idea venne ripresa, dodici secoli dopo, dai Santi riformatori del '500, che fondarono Congregazioni di sacerdoti con regole di vita comune.
Quando l'eresia ariana, sostenuta dall'Imperatore Costanzo, prese temporaneamente il sopravvento, Eusebio venne condannato all'esilio, con gli altri Vescovi dissidenti. Chiuso in una gabbia, come una belva, fu mandato in Palestina. Ma fu un viaggio quasi trionfale, per la commozione che la vista del Vescovo in catene suscitò in tutti i paesi attraversati. Dopo sei anni di detenzione a Scitopoli, l'lmperatore Giuliano restituì alle loro diocesi i Vescovi esiliati.
Eusebio tornò a Vercelli, in tempo per morire nella sua città di adozione e per venire sepolto nella cattedrale da lui consacrata, in mezzo al commosso omaggio del popolo, che ancora si rinnova ogni anno ‑ anzi, più volte all'anno ‑ nelle celebrazioni in onore del grande Vescovo da parte dei Vercellesi ‑ o, come si potrebbero definire ‑, degli « Eusebiani ».