Nato da famiglia di conti, a Thiene, vicino a Vicenza, nel 1480, Gaetano fu il Santo della umiltà, in tempi in cui tutti, o quasi, levavano la cresta della superbia, accusando gli altri di corruzione.
Cresciuto al tempo della cosiddetta Riforma, il Santo vicentino pensò giustamente che tutte le riforme non contano né hanno valore se non cominciano da noi stessi. Dopo aver studiato diritto a Padova, seguì la propria vocazione religiosa, ma ritardò a lungo l'ordinazione sacerdotale. Si sentiva « un verme in terra » e gli pareva troppa presunzione diventare ministro di Dio, avanzandosi, come diceva, « in mezzo al cielo ».
A Roma ebbe l'ufficio di Notaio Apostolico, e avrebbe potuto vivere agiatamente nella città rinascimentale, che era allora al centro dell'ammirazione o dell'esecrazione universale. Per molti, Roma rappresentava infatti la Gerusalemme non solo della fede, ma della civiltà e dell'arte; per altri invece rappresentava la Babilonia, dove si faceva mercato delle cose sacre, e, con la scusa della cultura e dell'arte, si viveva in un clima di rinnovato Paganesimo.
Ma Gaetano Thiene non pensava né l'una né l'altra cosa. Pensava a Gesù, vittima eterna tra contumelie e polemiche. « Gesù attende, egli diceva ‑ e niuno si muove ».
Il clero, specialmente il clero romano, era a torto o a ragione al centro della polemica, e formava, per sdegno o per comodo, la pietra dello scandalo. Il sacerdote Gaetano Thiene pensò allora a una Compagnia di Chierici Regolari, cioè di preti con una Regola di vita in comune, simile a quella dei religiosi appartenenti a Ordini monastici.
L'idea fu sua ma, umile com'era, lasciò che la parte di questa effettiva e profonda Riforma fosse attribuita a un personaggio ben noto nella Curia Romana, Gian Paolo Carafa, Vescovo di Chieti.
E poiché il nome latino di Chieti era Teate, la nuova Compagnia, approvata nel 1524, prese il nome di « Teatina » e Teatini furono e ancora sono chiamati i sacerdoti regolari di San Gaetano Thiene.
Essi furono come il nascosto lievito della Riforma cattolica, e fra i Teatini Gaetano fu il grumo più nascosto e più fertile. Umilissimo, deluse i Napoletani, quando il Carafa lo mandò missionario tra loro. « Rimandatemelo pure », rispose il Carafa alle proteste degli scontenti. Ma presto, anche i Napoletani scoprirono nell'anima del vicentino un tesoro nascosto, mentre Gaetano, dal canto suo, amò più di ogni altra quella città abbandonata e generosa.
Ai Veneziani, che lo rivolevano nella loro città, dove era stato più volte, disse: « Dio è a Napoli come a Venezia ». E dov'era Dio, egli voleva rimanere: anzi, dov'era Gesù, tra i poveri e gli infelici.
Per sollievo della miseria, istituì Monti di Pietà, organizzò ospedali, aprì ospizi. Più che altro, fece vedere al clero che cosa significasse esser ministri di Dio, cioè servi di Gesù e dei suoi figli prediletti.
E a Napoli morì, nel 1547, tra la venerazione di tutti coloro che aveva amato e servito, con amore non umano, ma veramente divino.