Giovanni Gualberto - Immaginette Sacre

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Giovanni Gualberto

Immagini di Santi
LocalitàProvinciaFesta


12 Luglio
Α
Altre immagini del SantoΩ
Firenze 985/995B A C KBadia a Passignano 12 luglio 1073
Canonizzato il 1193 da papa Celestino III
Martirologio Romano
A Passignano in Toscana, san Giovanni Gualberto, abate, che, soldato fiorentino, perdonò per amore di Cristo l’uccisore di suo fratello e, vestito poi l’abito monastico, desideroso di condurre una vita di maggior rigore, gettò a Vallombrosa le fondamenta di una nuova famiglia monastica.
A Firenze, fuori di Porta San Miniato, lungo una stradetta che s'inerpica tra muri coronati d'olivi e lanciati di cipressi, s'incontra il tabernacolo di San Giovanni Gualberto, che segna un altro lontanissimo incontro.
E mentre l'incontro d'oggi, con la pittura commemorativa, avviene nella idillica pace della collina, quello d'allora avvenne invece nella truce violenza dell'odio. Era avvenuto uno dei tanti eccidi che insanguinavano la città divisa, e un figlio del nobile Gualberto de' Visdomini era caduto trafitto da una spada.
Suo fratello Giovanni aveva giurato vendetta, e ora cercava l'uccisore, per ucciderlo o esserne ucciso. L'incontrò per l'erta salita, inerme, e subito gli fu sopra con la spada sguainata. All'assalito non restò che appoggiarsi al muro, con le braccia stese, offrendo alla lama il petto indifeso.
Quel gesto di rassegnata fierezza disegnò contro il muro la figura di un crocifisso, dinanzi al quale Giovanni non ebbe la forza d'infierire. Gettò la spada, rinunziando alla giurata vendetta, e sconvolto salì verso la bella chiesa di San Miniato, splendente nel sole coi suoi marmi preziosi.
Dentro, nell'ombra delle severe arcate romaniche, un'altra figura apriva le braccia: la figura d'un crocifisso dipinto, dinanzi al quale Giovanni s'inginocchiò, ancor dubitoso d'esser stato vile. Ma il crocifisso inclinò la testa, in segno d'approvazione, confermando con quel gesto che la più alta vendetta consiste nel generoso perdono.
Giovanni non ridiscese in città. Restò tra i monaci Benedettini, aggiungendo al suo nome quello del proprio padre, Gualberto, privato dei figli mortali, ma arricchito nella sua discendenza. Giovanni Gualberto, sotto l'abito monastico, temprò l'animo fiero nella più rigida solitudine.
Egli aveva perdonato al suo personale nemico e ne aveva ricevuto da Gesù la miracolosa approvazione. Non poteva però perdonare ai nemici della Chiesa, che non erano tanto gli eretici, quanto i cosiddetti « simoniaci » cioè coloro che, nell'interno dei tempio facevano mercato di cose sacre e di ecclesiastiche dignità.
Simoniaco si dimostrava l'Abate del monastero. Simoniaco si dimostrava lo stesso Vescovo di Firenze, Mezzabarba. Contro costoro, Giovanni Gualberto, sempre approvato da Gesù, iniziò la sua lotta, per la purezza dei costumi cristiani e l'integrità della coscienza religiosa.
Perseguitato e braccato dai simoniaci traditori della Chiesa, fu costretto a fuggire, e s'inselvò tra i faggi di quella montagna che poi divenne famosa col nome di Vallombrosa. Vallombrosa, alta sulla vallata dell'Arno, fu il verde spalto della riscossa spirituale, guidata da Giovanni Gualberto.
Di lassù il vecchio nobile fiorentino incitò i suoi concittadini nella resistenza contro il Vescovo simoniaco e usurpatore di una dignità non meritata ma mercanteggiata. Di lassù il monaco macerato dalla penitenza e fortificato dalla preghiera guidò i religiosi sulla via della perfezione, fino alla morte, avvenuta a Passignano, nel 1073.
Da Vallombrosa scaturì come una fonte di viva spiritualità, che versandosi nelle torbide acque dell'Arno, irrigò Firenze e la rese feconda di quelle istituzioni non soltanto religiose, ma anche civili, che portarono alla gloria del libero Comune.
E quando, nel Palazzo del Popolo, s'ínsediarono nel governo della città i Priori, esponenti delle Arti cittadine, con i rappresentanti del popolo fecero vita comune i figli di San Giovanni Gualberto, i cosiddetti monaci Vallombrosani. Nelle loro mani non contaminate dalla simonia fu posto il sigillo della Repubblica, e alle loro cintole non gravate da borsa vennero appese le chiavi del tesoro.
San Giovanni Gualberto, colui che aveva rinunziato alla privata vendetta non volendo versar sangue fraterno, ma che aveva fatto giustizia in nome del sangue versato da Cristo, fu il Patrono della Repubblica fiorentina, fondata nel rispetto della persona umana.
Oggi è patrono dei forestali, per i boschi che i monaci Vallombrosani coltivarono sulle pendici del Pratomagno.



 
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