Tre Santi, vissuti contemporaneamente in una regione della Turchia e legati tra loro da vincoli di amicizia, hanno meritato il nome di « luminari di Cappadocia ». Sono Gregorio Nisseno, suo fratello Basilio e Gregorio di Nazianzo.
Nella triade dei « luminari di Cappadocia », Gregorio di Nazianzo fu insieme uomo di azione e di contemplazione; filosofo e poeta. Era nato da una famiglia di Santi. Santo il padre, Gregorio il Vecchio, che fu Vescovo di Nazianzo e consigliere del figlio; Santa la madre, Nonna, che aveva condotto il marito alla conversione; Santa la sorella, Gorgonia; Santo il fratello, Cesario, medico.
Fin dalla fanciullezza, Gregorio si era votato alla purezza e alla castità, apparsegli in sonno sotto l'aspetto di due fanciulle biancovestite. Più grande, aveva studiato nelle più importanti città dell'Oriente: a Cesarea in Palestina; ad Alessandria in Egitto, dove era Vescovo Atanasio, il grande avversario dell'Arianesimo; ad Atene, in Grecia, sede di una celebre scuola di retorica. Proprio ad Atene aveva conosciuto quel Giuliano che più tardi doveva diventare Imperatore, e, con l'attributo di Apostata, avrebbe causato tanti mali alla Chiesa.
Il giovane Gregorio, presentì nell'ambizioso studente il futuro nemico dei Cristiani. Contro di lui, dieci anni dopo, avrebbe scritto una violentissima orazione, apostrofandolo con que¬sti termini: « O uomo stoltissimo ed empissimo e imperitissimo nelle grandi cose! ». Sempre ad Atene, si cementò la sua amicizia con San Basilio, e quando i due amici tornarono in Cappadocia, decisero di ritirarsi nella solitudine e nella meditazione, in un piccolo cenobio. La vocazione alla vita solitaria sarebbe stata fedele compagna delle vicissitudini di San Gregorio, sempre presente e sempre insoddisfatta, a causa dei suoi impegni e anche del suo incostante temperamento.
Dovette tornare a Nazianzo per assistere i vecchi genitori, e qui il padre, Vescovo della città, l'ordinò sacerdote. San Gregorio fuggì e si rifugiò presso il suo amico Basilio. Poi, per obbedienza, si sottomise all'ordinazione, rientrando a Nazianzo dove collaborò col padre Vescovo. I1 nome di Gregorio, oltretutto, voleva dire « pastore ».
Ma la sua opera più celebre è legata alla città di Costantinopoli, la nuova capitale dell'Impero, diventata la città più importante del mondo antico, anche dal punto di vista religioso. L'Imperatore Teodosio si adoperava per ricondurre tutta la Chiesa alla dottrina ortodossa; ma a Costantinopoli gli Ariani e gli altri eretici erano ancora potenti. Nella città sediziosa e discorde, l'Imperatore inviò San Gregorio, che fu accolto a sassate. Si fermò fuori di città, presso una chiesetta, che intitolò all'Anàstasi, cioè alla Resurrezione, come augurio di resurrezione spirituale della città. San Gregorio racconta che a Costantinopoli bastava entrare dal fornaio per sentir parlare del problema della Trinità. Ma chi tratta del dogma, deve essere all'altezza del dogma, dichiarò San Gregorio. Ed egli fu veramente all'altezza del suo compito, e oltre che sapiente, riuscì convincente. La sua predicazione riportò così in breve tempo la città alla fede ortodossa, e il Santo poté entrare trionfalmente nella Cattedrale di Santa Sofia.
Per un seguito di malvagie opposizioni, San Gregorio non poté diventare Vescovo di Costantinopoli. Il Santo si accomiatò umilmente, ritornando al suo paese natale.
Prima di morire, nel 390, compose centinaia di carmi, in eleganti versi greci, che oltre alla gloriosa fama di Santo, gli hanno meritato un posto non indegno anche nella storia della poesia.