Lorenzo Giustiniani patriarca - Immaginette Sacre

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Lorenzo Giustiniani patriarca

Immagini di Santi
LocalitàProvinciaFesta


8 Gennaio
Α

Ω
Venezia 1º luglio 1380
B A C KVenezia 8 gennaio 1456
Canonizzato il 16 ottobre 1690 da papa Alessandro VIII
Martirologio Romano
A Venezia, san Lorenzo Giustiniani, vescovo, che illuminò questa Chiesa con la dottrina dell’eterna sapienza.
« Il mestiere dell'Imperatore o del Doge è un giuoco a confronto di quello di Vescovo. Essi governano il visibile; il Vescovo regge l'invisibile ». In queste parole è già tutto il carattere di San Lorenzo Giustiniani, primo Patriarca di Venezia.
Egli visse nel '400, e il fatto che sia stato il primo Patriarca di Venezia si spiega ricordando come, fino allora, la sede vescovile non si trovasse a Venezia, ma a Grado. Venne trasferita nella città dei Dogi nel 1451, dal Papa Niccolò V, quando Lorenzo Giustiniani era da otto anni pastore della diocesi.
Era uscito da una delle prime famiglie veneziane, e per ritirarsi a vita religiosa in San Giorgio in Alga dovette a lungo contrastare con i propri parenti. Tra i monaci, fu esempio di umiltà, penitenza e saggezza veramente divina.
Non arrossiva quando elemosinava il pane per le calli della città. Ma per lui arrossivano i familiari. Sua madre dette ordine ai servi di riempire il sacco di Lorenzo, appena lo vedessero per strada, in modo che ritornasse subito al monastero, senza bussare ad altre porte. Ma Lorenzo capì lo stratagemma, e non accettò dai servi della sua casa che due soli pani. Sopportava ogni privazione con serenità: « Altrimenti   diceva   come potremmo sostenere le pene dei Purgatorio? ».
Il segreto della sua sopportazione consisteva nel pensare ai tormenti di Gesù e dei suoi Martiri. Il letto era duro? Gesù sulla Croce era stato molto più scomodo di lui. Durante una dolorosissima operazione, ebbe a dire: « Il coltello anatomico non è nulla in confronto delle lame che uccidono i Martiri ».
Eletto Vescovo, la sua cura fu di guidare le anime con delicatezza e fermezza. Scrisse una grande quantità di opuscoli, non per sfoggio di erudizione, ma per usarli nella direzione spirituale di sacerdoti, di religiosi e di laici. E quanto oro di soprannaturale sapienza si trova ancora in quei modesti scritti, che formano un tesoro prezioso!
Ai sacerdoti che trascuravano la Messa, diceva: « Colui che non utilizza il suo Signore quanto più può, mostra di non apprezzarlo ». Ai religiosi: « L'umiltà è come un torrente, quasi secco d'estate e abbondante nell'inverno e in primavera. Nella prosperità, basta poca, ma nell'avversità ce ne vuole molta e deve essere magnanima ».
Ai ricchi ricordava: « Il ricco non si salva che per mezzo dell'elemosina ». Ai potenti: « La gloria mondana è buona se è serva della virtù, ma non quando è padrona ». Ammoniva gli uomini d'affari: « Bisogna evitare gli affari complicati: nelle complicazioni c'è sempre un po' del Diavolo ».
Vicino a morire, rispose umilmente ironico, a chi gli parlava della gloria della santità: « Ah! la palma! Essa è per i coraggiosi, non per i timorosi come me ». Ma non temeva la morte, che accoglieva anzi con letizia: « Andatevene con le vostre lacrime   disse a coloro che piangevano intorno a lui.   Questo è il momento di ridere, non di piangere ». E pieno di confidenza, di serenità, di vera saggezza, com'era vissuto, morì nel 1455, dicendo: « Vengo a te, o buon Gesù ».



 
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