Onesimo sacerdote e martire - Immaginette Sacre

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Onesimo sacerdote e martire

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15 Febbraio
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Martirologio Romano
Commemorazione del beato Onesimo, che san Paolo Apostolo accolse quale schiavo fuggiasco e generò in catene come figlio nella fede di Cristo, come egli stesso scrisse al suo padrone Filémone.
Nessuna memoria di Santo è prevista dal nuovo Calendario della Chiesa, in questo giorno. Ne approfitteremo per rievocare una figura ancor viva e commovente dopo venti secoli: quella di Onesimo, lo schiavo diventato santo.
A Colossi, nella Frigia, viveva al tempo di San Paolo un cittadino facoltoso e stimato, chiamato Filemone. In uno dei suoi viaggi, Paolo convertì Filemone, insieme con l'ottima moglie, Appia, e con il figlio Archippo.
Filemone e Appia erano ricchi. Perciò come tutti i ricchi del tempo, avevano schiavi al loro servizio. Uno di questi si chiamava Onesimo, che in greco significa « utile », ma si dimostrò invece ozioso, disutile e anche disonesto. Dopo un furto commesso ai danni del padrone, per sottrarsi al temuto castigo, fuggi dalla casa di Filemone e si allontanò da Colossi.
Ma il passaggio di San Paolo aveva lasciato una profonda impressione anche nell'animo dello schiavo Onesimo. Lo ritroviamo infatti, inaspettatamente, a Roma, sulle orme dell'Apostolo delle Genti. San Paolo battezzò così anche lo schiavo, contrito e pentito, come aveva già battezzato i suoi padroni.
Fattolo uguale a tutti gli altri fedeli davanti a Dio, e libero dalle catene del peccato, se non da quelle della schiavitù, Paolo trovò in Onesimo un discepolo affettuoso e prezioso. Avrebbe voluto trattenerlo presso di sé, ma quando venne imprigionato a Roma, pensò meglio di rimandarlo al legittimo padrone, munendolo di una breve lettera per Filemone.
La lettera di Paolo a Filemone, recapitata da Onesimo, fa ancora parte del « corpus » delle Epistole paoline. E assai interessante, pur nella sua brevità, per ciò che riguarda il problema degli schiavi. Il Cristianesimo evangelico non imponeva ai credenti di affrancare gli schiavi, né tantomeno incitava gli schiavi alla ribellione. Esortava anzi ad essere pazienti e obbedienti, come chiedeva ai padroni di trattare gli schiavi alla stregua di fratelli. In questo senso, neanche San Paolo poteva imporre al suo discepolo e amico Filemone la liberazione dello schiavo Onesimo. Ma come veniva raccomandata ai Cristiani, e quasi sempre attuata, la rinunzia ai beni materiali, così veniva sollecitata la liberazione degli schiavi, specialmente se cristiani.
La lettera paolina a Filemone è così un capolavoro di tatto e di delicatezza, d'affettuosità e di commozione. Sollecita la libertà per Onesimo senza imporla; la desidera senza esigerla. « Pur avendo in Cristo molta libertà di ordinarti ciò che convenga - si legge - preferisco pregarti a titolo di carità, così come sono, Paolo anziano, e ora anche prigioniero di Gesù Cristo. Ti prego per la mia creatura che ho generato tra le catene, Onesimo; quello che una volta fu disutile e che ora sarà a te o a me utilissimo. Giacché forse per questo fu separato da te per un po' di tempo, affinché tu lo riscattassi in eterno, non più come schiavo, ma più che schiavo, fratello carissimo... E se ti ha fatto qualche torto o ti deve ancora qualcosa, questo mettilo sul mio conto ».
Infatti, Onesimo, non solo fu perdonato da Filemone, ma fu da lui affrancato. Tornò, libero, al fianco di Paolo, per farsi servo volontario dello schiavo di Cristo. Secondo una tradizione, divenne sacerdote, poi Vescovo, e morì Martire. Perciò la Chiesa onora anche lui come Santo.

 
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