Prassede vergine - Immaginette Sacre

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Prassede vergine

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21 Luglio
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Reliquie della Santa - Roma - Basilica minore di Santa Prassede all’Esquilino
Per scegliere i nomi del suo romanzo sui Promessi Sposi, Alessandro Manzoni non dovette cercare troppo lontano. Ricorse ad un testo antico di millenni e alla portata di mano di ciascuno, letto ogni giorno centinaia di migliaia di volte, in tutto il mondo ‑ anche dove non è stato mai letto il « romanzetto » dei due fidanzati brianzoli.

Nel Canone della Messa, cioè nella parte più antica e più importante del rito, tutti i sacerdoti cristiani ricordano infatti tutti i giorni i nomi delle Sante Martiri Felicita, Perpetua, Agata, Lucia, Agnese, Cecilia, Anastasia.

Nel romanzo, Perpetua è l'indimenticabile serva ciarliera di Don Abbondio; Lucia, fidanzata di Renzo, è la principale protagonista; Agnese è la madre di Lucia. E c'è anche Cecilia, che appare appena tra le pagine del libro, come uno sprazzo di candida pietà. Appare senza parlare e senza muoversi, morta per la peste, in braccio alla mamma, che scendeva dalla soglia di uno di quegli usci.

Una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, coi' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Come un fiore reciso, la manzoniana Cecilia scompare appena intravista, sul turpe carro dei monatti.

Nel Canone della Messa non si trova però il nome di un'altra figura minore del romanzo. Donna Prassede, consorte dell'erudito Don Ferrante. Ella, nel libro, viene presa pungentemente in giro: « D'idee n'aveva poche ‑ si legge ~ ma a quelle poche era molto affezionata. Tra le poche, ce n'era, per disgrazia, molte delle storte, e non eran quelle che le fossero men care ».

Il nome di Donna Prassede, il Manzoni non può averlo preso che dalla Santa di oggi, unica di questo nome. Una Santa di cui si hanno poche notizie, come la Donna Prassede del romanzo ebbe poche idee.

La leggenda la dice figlia del Senatore romano Pudente, e sorella di Pudenziana, anch'ella Santa. Vissuta nei primissimi decenni del Cristianesimo, Prassede sarebbe stata battezzata dallo stesso Apostolo San Pietro, durante la sua predicazione a Roma.

La leggenda precisa anzi che San Pietro era alloggiato, a Roma, nella casa del Senatore Pudente. Sarebbe stato così molto vicino alle due Sante sorelle, le quali misero a buon frutto gl'insegnamenti ricevuti dal pescatore della Galilea.

Nella grandissima maggioranza, i Santi dei primi secoli furon tutti onorati come Martiri, a cominciare dagli Apostoli, e con la sola eccezione di San Giovanni Evangelista. Santa Prassede invece non fu Martire. Morì naturalmente, anche se precocemente, poco più che giovinetta, e venne sepolta nel cimitero di Priscilla, lungo la via Salaria Nuova.

Ma il suo nome è legato a quello di ventitré cristiani Martiri sotto l'Imperatore Antonino. In una tenera notte di maggio, Prassede, di nascosto, seppellì pietosamente i corpi gloriosi, e li deterse dal sangue, che raccolse, con una spugna, entro un reliquiario.

Sull'Esquilino, vicino a Santa Maria Maggiore, un'antichissima chiesa testimonia ancor oggi la remota venerazione per la figlia del Senatore Pudente. Come quella dedicata alla sorella, Santa Pudenziana, la chiesa di Santa Prassede è celebre anche nella storia dell'arte, per i bellissimi mosaici bizantini che decorano le pareti e l'abside.

Anche questa Santa, quasi oscura nella storia, ha acquistato così nuova gloria e più duraturo ricordo grazie ad un'opera d'arte; a quell'arte che così volentieri fiorisce attorno alla santità.
 
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