Rosalia - Immaginette Sacre

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Rosalia

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B A C K15 Luglio e 4 Settembre
Come dimenticare che oggi cade, tradizionalmente, la festa di Santa Rosalia, così cara ai Siciliani, e soprattutto ai Palermitani?

Quante volte è stata narrata, rinarrata, messa in versi, dipinta, la vicenda di colei che è stata recentemente definita, da un suo attento biografo, « la più dolce figlia di Palermo »?

Una vicenda che continuamente si arricchisce di nuovi particolari e di poetici attributi, perché le notizie storiche documentate sul conto della « Santuzza » sono scarse, e soltanto l'affettuosa attenzione dei suoi devoti ha consen­tito di comporle in un colorito affresco.

Per rintracciare la storia di Santa Rosalia, occorre procedere a ritroso, cominciando cioè da quando, nel 1624, si ritrovarono le sue reliquie in una grotta sul Monte Pellegrino.

Furono trasportate a Palermo, dove infuriava una terribile peste. E l'epidemia cessò appena i resti della santa fanciulla giunsero nella città, per essere riposti nella cattedrale, dove ancora si trovano.

Poche settimane dopo, in un'altra grotta, poco fuori di Palermo, fu rinvenuta un'iscrizione latina, incisa sulla roccia e ritenuta di mano della Santa stessa, che così si firmava: Ego Rosalia Sinibaldi.

Ed ecco dipanarsi il racconto della sua vita, secondo la tradizione più diffusa. Rosalia è la bellissima e virtuosa figlia del principe Sinibaldo, cugino del Re Guglielmo I, e vive nel XII secolo.

Fanciulla di altissima virtù, si è votata segretamente a Gesù, e quando il padre annuncia il suo fidanzamento con uno « zito » di conveniente condizione, Rosalia non rifiuta, ma decide in cuor suo di non accettare mai quel matrimonio.

Sparisce infatti dalla casa paterna proprio il giorno dell'« appuntamento », cioè del primo incontro ufficiale dei fidanzati, e si rifugia tra le selvose e selvagge montagne della Quisquina, sfuggendo alle ricerche del padre e dello sposo promesso.

Quando il primo rifugio non le sembra più sicuro, ne cerca un altro a Lercara, poi un altro, a Prizzi, poi un altro ancora a Rocca Busambra, e così via, finché, consigliata da un Angiolo, si cela nella solitudine impervia del Monte Pellegrino, sopra il mare di Palermo. Qui vive per pochi anni, confortata dalle più dolci visioni e talvolta anche squassata dalle più insidiose tentazioni. Prima di morire, il 4 settembre, forse del 1160, desidera ardentemente i Sacramenti. E un monaco, Cirillo, avvertito da una visione, sale l'impervio monte, trova la spelonca, e amministra alla fanciulla morente la comunione con il corpo del suo mistico Sposo.

Oggi, verso la grotta del monte Pellegrino, salgono i pellegrini non soltanto di Palermo e non soltanto della Sicilia, per rendere omaggio alla santa fanciulla che si macerò nella più penosa solitudine da viva e, dopo la morte, fu miracolosa soccorritrice contro la peste. E i fedeli di Palermo ripetono nel giorno della sua festa i versi a lei dedicati:

Nvincibile tu d'esseri dinoti

O Santa Rusulìa di gran virtuti,

pri lo to' prighieri tanti voti

fommu difisi e fommu pruviduti:

di guerra, pesti, fami e tirrimoti

ti scanza la Sicilia, e tu l'ajuti.

Gridamo dunca, figlioli divoti:

Evviva Rusulia nostri saluti!
 
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