Uomo generoso e impetuoso, sincero ma rude, magnanimo e insieme crudele, anche Sigismondo fu figlio del suo tempo. Un barbaro toccato dalla Grazia, che nella vita di cristiano conservò l'irruenza del carattere e la fierezza della stirpe guerriera. Era figlio di Gundebaldo, Re di Borgogna, e fu Re anch'egli, tra il V e il VI secolo, prima cioè della cosiddetta « conversione dei Franchi », condotti al Cristianesimo dal loro Re Clodoveo, circa l'anno 500.
Salito al trono, Sigismondo si mostrò zelante, assumendosi il compito di protettore della fe , de con la stessa impetuosità che avrebbe dimostrato, in battaglia, a combattere gli odiati Franchi. Fondò nuovi monasteri, restaurò gli antichi; gran numero di monaci fece venire dai paesi vicini; concesse ricche donazioni e ampie libertà. Ai Vescovi permise di riunirsi liberamente nei concili, al sicuro da interferenze dell'autorità civile. Riuscì così ad estirpare dal paese l'eresia ariana.
Uomo di azione e di risoluzione, chiese preghiere per sé e per il suo popolo. Ai monaci dell'Abbazia di San Maurizio, concesse il privilegio della preghiera continua. Essi non dovevan compier nessun lavoro materiale, ma cantare continuamente, in coro, giorno e notte, dandosi il cambio, le orazioni dell'Ufficio. La loro preghiera fu chiamata laus perennis, lode perpetua, e Sigismondo, con regale munificenza, provvide a tutti i bisogni materiali dei monaci oranti.
Un giorno, un nobile di Corte si unì in matri¬monio incestuoso, ed incorse nella scomunica. Sigismondo, suo amico, dimenticando le pre¬cise leggi della morale cristiana, lo difese con generoso impulso contro la sentenza dei Ve¬scovi. Seguì questo sentimento di umana so¬lidarietà, primitivo, ma nobile, esiliando tutti i Vescovi dal paese. Più tardi, riconosciuto l'errore, se ne penti e richiamò i Vescovi.
Ma accadde di peggio. Restato vedovo, aveva sposato Fredegaria, dandola come matrigna al giovane figlio Sigerico. Tra matrigna e figlia¬stro non correva buon sangue, e Sigismondo si lasciò tanto fuorviare dalle parole della mo¬glie, da giungere al punto di far strangolare il proprio figlio, sospettato di congiurare contro il Re.
Appena compiuto il delitto, si gettò piangendo sul cadavere ancora caldo. « Piangi di te stes¬so, lo ammonì un vecchio che seguendo un perfido consiglio ti sei fatto omicida di tuo figlio! ». Sigismondo si chiuse allora nel mo¬nastero di San Maurizio. La laus perennis dei monaci coprì i singhiozzi del suo pianto.
il terribile delitto meritava una tremenda pu¬nizione. Questa giunse presto, e colpì Sigi¬smondo nel suo orgoglio di Re, nel suo onore di uomo, nel suo affetto di sposo. I Franchi, gli irriducibili nemici, gli mossero guerra. Fu battuto in campo. Tentò di fuggire. Lo pre¬sero prigioniero e fu condotto come ostaggio ad Orléans. Poco dopo, nel 524, il Re dei Franchi lo fece gettare in un pozzo, insieme con la moglie, che pagò così la sua opera di¬sumana di odio e di sangue.
li pozzo che fu tomba a San Sigismondo, ri¬cevette presto, invece di acqua, tributi di de¬vozione, e ne sgorgò linfa di miracoli. Vi sor¬se accanto una cappella; poi una chiesa; poi un santuario. Più tardi, il pozzo restituì anche il corpo del Re impulsivo e generoso, ormai sfigurato nei tratti della sua barbarica figura, ma ricomposto dalla sofferenza in Cielo, con lineamenti indelebili.